"Noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza." (E. Malatesta)
La repressione sociale e politica che si è scatenata da quando è
scoppiata la pandemia sta raggiungendo livelli sempre più
preoccupanti.
Non ci riferiamo solo al controllo sociale capillare (oltre 14
milioni le persone fermate per controlli dall'11 marzo) e alle
decine di migliaia di multe erogate dai solerti tutori dell'ordine
ma anche e soprattutto alla sospensione di ogni forma di
manifestazione pubblica nonché del diritto di sciopero.
È chiara l'intenzione del governo di reprimere sul nascere
qualsiasi mobilitazione che possa contrastare tramite l'azione
diretta e l'autogestione dal basso la crisi sociale epocale in cui
siamo immersi e che pare essere solo agli inizi.
Non si contano più ormai i pesanti interventi da parte degli
organi repressivi contro gli scioperi autorganizzati e contro ogni
tentativo di scendere in piazza. Lo abbiamo visto il 25 aprile e
il 1° maggio. Lo abbiamo visto a Milano, Roma, Napoli, Trieste,
Torino, e in tante altre città. Lo abbiamo visto con lo sciopero
alla TNT a Peschiera Borromeo.
In questo contesto si colloca l'operazione "Ritrovo" che ha
portato a Bologna a sette arresti e a cinque obblighi di dimora
contro altrettant* anarchic*. In questo caso il teorema
giudiziario è ancora più grave, non solo per l'ennesimo tentativo
di affibbiare il reato di associazione con finalità di terrorismo
(art.270 bis), quanto per la sua "strategica valenza preventiva",
apertamente ammessa dai carabinieri nel loro comunicato ufficiale,
ovvero scongiurare il diffondersi di campagne di lotta
"anti-stato" in questo momento di emergenza.
Un'operazione repressiva che nella fase attuale è ancora più
grave, perché in un periodo in cui è formalmente perseguibile dal
potere democratico ogni forma di protesta, gli arresti politici
sono più che mai inaccettabili.
Vengono contestati non tanto e non solo piccoli reati specifici
quanto la diffusione di materiale informativo e l'organizzazione
di iniziative solidali sotto le carceri e contro i CPR.
È chiara quindi la natura squisitamente politica e persecutoria
della vicenda. La guerra preventiva esce dai teatri internazionali
e si consolida come dottrina poliziesca interna per colpire le
lotte sociali. Lotte che inevitabilmente si faranno ancora più
ampie, viste le tensioni generate dalle politiche dei governi,
sempre più dirette contro i poveri e sempre più filopadronali. Lo
stato avrebbe potuto scegliere se disinnescare le tensioni
invertendo il segno delle politiche sociali ed economiche, o se
concentrarsi sulla repressione, "cura" preventiva del malessere
sociale da esso stesso creato. La scelta è sotto gli occhi di
tutti.
È quindi importante che questa nuova montatura giudiziaria non
passi, che le lotte sociali non arretrino, ma anzi si espandano
sempre più per contrastare questa società fondata sul dominio e
sullo sfruttamento e che – ancora di più in questa crisi sanitaria
mondiale – ha dimostrato la sua intima natura oppressiva ed
assassina.
Libertà per tutti e tutte.
18 maggio 2020
La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica
Italiana
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