Comunicato diffuso dalla Commissione di
Corrispondenza della Federazione
Anarchica Italiana
Si parte insieme e insieme si va
Le minacce di nuove leggi che limitino la libertà di
manifestare, la criminalizzazione dei movimenti, non ultimo quello No
Tav, hanno messo la sordina alle ragioni che hanno portato oltre
150.000 persone a manifestare a Roma, altre quindicimila per i sentieri
di Chiomonte in violazione alla zona rossa.
Nelle ultime settimane innumerevoli sono state le manifestazioni di protesta in tutto il paese.
Tanto che esponenti del governo parlano già di "autunno caldo" e
di "terrorismo" per esorcizzare e cercare di contenere la protesta che
ha caratteri di massa. Spettri e criminalizzazione sono una politica
già vista. Il re è nudo!
Questo per allontanare i riflettori dalle questioni sociali, dalla
crisi che morde la vita dei poveri, obbligati a pagare ancora una volta
il prezzo di un ordine sociale fondato sullo sfruttamento e
sull'oppressione.
Il governo ha paura. Ha paura che il conflitto si estenda e si
generalizzi a tutto il paese. Per questo reagisce con la violenza e i
divieti, per questo vuole che le questioni sociali siano ridotte a mere
questioni di ordine pubblico.
Nell'ultimo anno i padroni, sentendosi forti, sono passati all'incasso
di quel che resta di garanzie, libertà, salario. Le vicende di
Pomigliano e Mirafiori hanno dimostrato che, se non si inverte la
rotta, non ci sarà freno alla corsa all'incasso di chi lucra
sulla vita di tutti.
Gli accordi per la crescita del 28 giugno hanno piazzato una pietra
tombale sulla stagione che si era aperta alla fine degli anni Sessanta.
Le maglie della schiavitù salariata si sono fatte sempre
più strette, il futuro sempre più precario.
Il "piano sviluppo" ha come unica "novità" la proposta dei licenziamenti facili.
L'acutizzarsi della crisi, la minaccia di una possibile bancarotta
dell'Italia, non più in grado di far fronte al debito pubblico,
concreta l'ennesimo ricatto del governo e dei padroni.
Il governo ha offerto alla BCE un altro pezzo delle nostre vite, nella
speranza che l'UE accetti di pagare le banche che hanno in mano il
debito dello Stato. Così ancora una volta i poveracci che hanno
sempre dato senza mai avere pagheranno per la polizia che li pesta in
strada, per le guerre che ammazzano qualcuno in loro nome, per la
chiesa che ne limita le libertà, per le scuole private, i
servizi segreti, il ceto politico, le grandi opere inutili e mille
altre porcherie.
Il governo è diviso su tutto tranne che sulla feroce
volontà di far pagare a lavoratori, precari, studenti, immigrati
e pensionati il prezzo preteso da UE, BCE e FMI.
Ma c'è chi non ci sta, chi si ribella ad un destino già scritto, chi vuole riprendersi il futuro.
Sono i No Tav, che da Torino alla Valsusa, resistono all'occupazione
militare, allo sperpero di risorse pubbliche, alla devastazione
dell'ambiente. Sono i ragazzi tunisini che violano le frontiere, sono i
prigionieri dei CIE che sfondano le porte e scavalcano i muri. Sono gli
sfrattati che non si rassegnano alla strada ed occupano le case vuote.
Sono gli studenti che scendono in piazza perché hanno imparato a
loro spese che nulla è garantito se non dalla lotta. Sono gli
immigrati che si ribellano ai caporali a Piacenza come a Nardò.
Sono gli anziani cui è rubata una vecchiaia serena. Sono i tanti
che non ce la fanno ad arrivare a fine mese e sono stufi di pagare la
crisi dei padroni.
Sono i tanti che, di fronte alla violenza dello Stato, sanno
trasformare l'indignazione in rabbia e in capacità di resistenza.
Sono i ragazzi che in piazza S. Giovanni hanno affrontato i blindati,
spesso a mani nude o armati di quel che trovavano in strada, si sono
frapposti tra la furia di poliziotti e carabinieri e una piazza che il
governo temeva si riempisse di un'indignazione che avrebbe potuto
travalicare le intenzioni dei vari Vendola, De Magistris, Casarini. Gli
stessi politici che speravano che la piazza del 15 ottobre desse loro
forza nel gioco delle poltrone per le prossime elezioni.
Ma la rabbia e la resistenza non possono esaurirsi in una giornata particolare.
Quelli che, all'inizio del corteo, senza riscuotere troppe simpatie,
hanno spaccato banche e agenzie interinali hanno messo in scena la
suggestione della rivolta ma non molto di più.
Non ci uniremo certo al coro dei benpensanti che si indignano se qualcuno danneggia un bancomat o rompe le vetrine dei caporali.
Resta il fatto che la scelta di imporre al corteo pratiche non condivise è nei fatti autoritaria.
Da anarchici sappiamo che l'emancipazione o sarà opera degli oppressi e degli sfruttati o non sarà.
Crediamo che la lotta contro quest'ordine sociale si debba coniugare
con la capacità di porre concretamente le basi, oltre le rovine
di questo mondo, di un mondo basato sulla solidarietà, la
partecipazione diretta, senza specialisti della politica, dove ciascuno
è protagonista.
Agli arresti del 15 è seguita un'ondata di perquisizioni in
tutt'Italia. Contro chi ha manifestato a Roma, contro chi ha resistito
alle cariche folli dei blindati si sono scagliati giornalisti,
politici, magistrati.
Agli arrestati e ai perquisiti, tra cui il nostro compagno Oreste di
Cosenza, va la solidarietà della Commissione di Corrispondenza
della Federazione Anarchica Italiana. Rivendichiamo l'immediata
liberazione di tutti gli arrestati.
Il 15 ottobre alcuni di noi hanno partecipato al corteo di Roma. Altre
ed altri erano nelle loro città (Torino, Milano, Reggio Emilia,
Jesi, …), dove hanno dato vita ad iniziative di protesta e di lotta .
Come anarchici federati abbiamo scelto di essere a Roma ma anche nelle
altre città, abbiamo scelto di attraversare questo appuntamento
con la consapevolezza che la partita vera la giochiamo ogni giorno.
Ovunque.
Il 22 ottobre le nostre compagne ed i nostri compagni erano a Livorno a
contestare i militaristi che "festeggiavano" il ritorno dei parà
della "Folgore" dal turno di guerra in Afganistan, e rievocavano la
guerra fascista nell'anniversario di El Alamein.
Il 23 ottobre eravamo in Val Susa dove quindicimila resistenti hanno
violato la zona rossa imposta dal Ministero dell'Interno con il plauso
dell'opposizione. In cinque mesi il governo è riuscito solo a
costruire un fortino cinto dal filo spinato. Lo chiamano cantiere ma
è solo un avamposto di guerra alle popolazioni che si oppongono
alla devastazione del territorio e al saccheggio delle risorse.
Il 12 novembre molti di noi parteciperanno al corteo contro gli F35 a Novara.
Lo scrivevamo prima del 15 ottobre e lo ribadiamo qui: "Vogliamo
costruire, con l'autogestione, lo spazio pubblico non statale nel quale
le donne e gli uomini potranno vivere oltre la crisi del sistema.
Per noi anarchici l'indignazione verso un mondo intollerabile da sempre
segna il tempo della lotta per costruirne uno nuovo, tanto diverso, che
comincia a vincere quando entra e si installa saldamente nei cuori di
chi, ogni giorno, in ogni dove, è forzato a vivere senza
dignità, che non sia quella di chi alza la testa e dice no. La
dignità di chi dice "se ne devono andare tutti", la
dignità di chi non vuole un nuovo governo, la dignità di
chi sa e può autogestire le lotte per autogestire la
società. La dignità di chi sa che il capitalismo non
è l'unico orizzonte possibile, che riprendersi la terra, le
fabbriche, i saperi si può."
Sempre più gente riempie le piazze, partecipa agli incontri,
alle assemblee, alle lotte. Con loro e con chi ci starà
percorreremo la strada difficile che segna il tempo della rottura della
gerarchia e la nascita di un tempo altro. Con pazienza, con rispetto,
con la consapevolezza che – come si dice in Val Susa – si parte insieme
e insieme si va dove è necessario.
Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana - FAI
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