"Noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza." (E. Malatesta)
Arresti, perquisizioni, obblighi di dimora. Questa la ricetta della
Procura di Torino, che da lunghi mesi si è assunta l'incarico di
regolare i conti con il movimento No Tav. Sin dal giugno scorso si sono
moltiplicati avvisi di garanzia, arresti, denunce, fogli di via nei
confronti degli attivisti No Tav. Tutti firmati da Giancarlo Caselli,
l'eroe della sinistra giustizialista, che vuole farla finita con un
movimento cui si sono ispirati i tanti che si battono contro lo
devastazione del territorio, contro un'idea di sviluppo folle e
distruttiva, contrastando discariche, centrali, fabbriche inquinanti e
installazioni militari. Giancarlo Caselli, il procuratore antimafia,
che si schiera con la mafia del Tav.
La strategia della lobby Si Tav è molto chiara: trasformare la
protesta nei confronti di un'opera inutile, dannosa, follemente costosa
in una questione di ordine pubblico.
La scelta di occupare militarmente il territorio, di invadere l'area
archeologica, trasformandola in un bivacco per le truppe di
occupazione, culminata a gennaio nella trasformazione della zona in
area di interesse strategico, la dice lunga sulla volontà di
imporre con la forza la nuova linea ad alta velocità tra Torino
e Lyon.
Le ragioni della forza contro la forza delle ragioni.
In tanti anni i sostenitori dell'alta velocità hanno saputo
articolare solo discorsi densi di vuota retorica. La retorica della
piccola Italia schiacciata dietro le Alpi, isolata dall'Europa,
condannata al declino. Una retorica falsa che nasconde dietro una
foglia di fico un sistema di drenaggio di denaro pubblico a fini
privatissimi, sostenuto in maniera bipartisan dalla destra come dalla
sinistra, pronte a spartirsi la torta.
I No Tav sono colpevoli.
Sono colpevoli di aver mostrato la trama sottile che sostiene la tela
delle grandi opere. Sono colpevoli di essersi schierati dalla parte dei
tanti che non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Sono colpevoli di
stare con chi vorrebbe che i 22 miliardi della Torino Lyon fossero
usati migliorare la vita di noi tutti, garantendo ospedali, pensioni,
trasporti pubblici, scuole a tutti in modo eguale.
Sono colpevoli di aver pensato che un altro mondo è possibile.
Sono colpevoli di aver cominciato a vivere frammenti di relazioni
politiche e sociali che vivono già oggi l'utopia concreta della
partecipazione diretta alle scelte, della solidarietà, del mutuo
appoggio.
Sono colpevoli di sapere che la testimonianza non basta, che occorre
mettersi in mezzo, anche a rischio della propria libertà, per
offrire uno scampolo di libertà a tutti.
Sono colpevoli di pensare che l'ordine ingiusto e predatorio in cui
siamo forzati a vivere possa e debba essere spezzato, sono colpevoli di
sapere che il futuro non è già segnato, che la
precarietà, lo sfruttamento, la fame dei poveri, le guerre
debbano divenire retaggio di un passato da dimenticare.
Sono colpevoli di non essersi mai tirati indietro, di aver resistito per oltre vent'anni.
Dopo la rivolta popolare del 2005, sindaci ed amministratori locali
sedotti dalle sirene del denaro e del potere, hanno fatto il salto
della quaglia, ma non sono riusciti a spezzare il movimento.
Lo scorso maggio, il governo, smessa la finzione della mediazione
politica, ha deciso di passare nuovamente alle maniere forti.
Manganelli, lacrimogeni, botte, denunce e carcere. Gran parte degli
organi di informazione si sono messi al servizio per diffamare e
falsificare, sperando in una divisione tra "buoni" e "cattivi". Hanno
fallito.
Un movimento popolare, un movimento tanto radicato quanto radicale, sa
che di fronte alla violenza di carabinieri, poliziotti, militari reduci
dalla guerra in Afganistan, di fronte all'occupazione militare, di
fronte alla violenza legale ma non legittima dello Stato, ribellarsi
è giusto.
Mettersi in mezzo è un impegno morale.
I No Tav arrestati il 26 gennaio sono colpevoli. Colpevoli di aver
tenuto fede all'impegno che tutti ci siamo presi. Colpevoli di
resistere. Partigiani della libertà di tutti.
Li vogliamo liberi. Liberi subito.
Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
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