Comunicato diffuso dalla Commissione di
Corrispondenza della Federazione
Anarchica Italiana
No Tav. Una ribellione contagiosa
Dieci giorni indimenticabili. Dieci giorni che hanno dato una spinta
all'opposizione sociale nel nostro paese. In questi dieci giorni la
scintilla partita dalla Val Susa ha infiammato le piazze della
penisola, un contagio immediato, capillare, incontenibile, che sta
mettendo in difficoltà l'esecutivo guidato da Mario
Monti.
Il governo, forte dell'appoggio bipartisan di buona parte
dell'arco parlamentare, nei suoi primi cento giorni ha goduto di una
sorta di benedizione nazionale. Destra e sinistra hanno provato a
vendere l'illusione che i tecnici prestati alla politica potessero
curarne i mali. Nei fatti sono stati bravi nel mostrare un'asettica
capacità di fare, e in fretta, quello che Fondo Monetario,
Banca Centrale Europea pretendono dai paesi dell'Unione schiacciati
dalla crisi: eliminazione di ogni forma di tutela, disciplinamento
forzato dei lavoratori, svendita dei beni comuni.
La
precarietà del lavoro, già sancita dalle leggi
Treu e Biagi, nei piani di Monti deve divenire l'unico orizzonte
possibile e desiderabile da tutti.
La retorica contro la noia del
posto fisso, della vita tutta quanta nella stessa città, dei
legami con i propri cari come catena da spezzare sta accompagnando il
percorso verso la demolizione del poco che resta. L'attacco alla tutela
contro i licenziamenti politici, alla cassa integrazione, il lavoro
interinale che esce dall'eccezione per divenire la norma sono alcuni
dei tasselli del puzzle di Monti.
Nonostante la Grecia rivelasse, come uno specchio orientato nel
prossimo futuro, l'inevitabile esito delle politiche del governo, le
lotte sono state deboli, parcellizzate, incapaci di catalizzare il
consenso popolare.
L'imponente manifestazione del 25 febbraio in Val Susa è
stato il primo segnale - forte e chiaro - di un'inversione di tendenza.
Nonostante una campagna mediatica martellante, nonostante le
dichiarazioni del capo della polizia Manganelli, che descriveva il
movimento No Tav come nido di terroristi pronti a uccidere, decine di
migliaia di persone si sono riconosciute in un movimento capace di
rappresentare chi vuole case, ospedali, scuole, treni per i pendolari e
non è più disponibile a pagare la crisi dei
padroni.
Non è più solo una questione di ambiente: oggi
più che in passato è diventata la sfida di chi si
batte per l'interesse generale contro l'arroganza di chi vuole imporre
con la forza un'opera inutile, dannosa, costosissima.
La partita sulla
linea ad alta velocità tra Torino e Lyon è
arrivata ad un punto cruciale. È in ballo un intero sistema,
un sistema elaborato e oliato per anni, per garantire agli amici degli
amici di destra e sinistra, un bottino sicuro e legale.
Le linee ad
alta velocità costruite nel nostro paese sono state
l'ossatura del dopo tangentopoli: un sistema raffinato e semplice per
dribblare tutti gli ostacoli legali. Siti di interesse strategico,
leggi obiettivo, general contractor sono stati alcuni degli strumenti
adottati per cementare un sistema sicuro di drenaggio di denaro
pubblico a fini privatissimi. Un sistema che funziona perché
va bene a tutti, per tutti c'è una fetta di torta.
Un
sistema che nessuno può permettersi di far saltare. Un
sistema che il movimento contro la Torino Lyon ha reso trasparente,
mostrandone i meccanismi, aprendo crepe, costruendo una resistenza
popolare alla quale guardano in tanti.
La strategia del governo
è chiarissima: celare le ragioni della lotta No Tav,
declinando nella categoria dell'ordine pubblico un movimento che non
riescono a piegare né con le buone né con le
cattive.
In risposta alla manifestazione del 25 febbraio il governo ha deciso di
allargare il cantiere/fortino della Maddalena. Millecinquecento uomini
in armi - la forza dello Stato nel suo volto più vero,
quello della repressione violenta - sono stati dispiegati nel catino
della Clarea.
Luca Abbà, un compagno da sempre in prima linea nella lotta,
si arrampica su un traliccio dell'alta tensione per rallentare i
lavori. Con criminale determinazione gli uomini dello Stato lo
inseguono obbligandolo a salire pericolosamente vicino ai fili. Viene
folgorato e cade. Resterà per tre quarti d'ora a terra in
attesa di soccorsi, mentre le ruspe continuano il loro lavoro.
Manganelli aveva dichiarato che gli anarchici cercavano il morto, per
un pelo gli uomini di Manganelli non hanno ucciso Luca, anarchico e No
Tav.
La risposta in Val Susa e in tutta Italia è stata forte,
immediata, corale.
Per un'intera settimana ci sono state manifestazioni, blocchi di strade
ed autostrade, cortei spontanei. La bandiera con il treno crociato
è divenuta la bandiera di un paese che resiste, alza la
testa, vuole cambiare radicalmente la rotta. I partiti dell'esile
opposizione istituzionale di sinistra, che si illudevano di cavalcare
la protesta, trasformandola in voti e poltrone, sono rimasti ai margini
di una lotta agita in prima persona da gente che non vuole
più affidare ad altri il proprio futuro.
Gente disponibile a rischiare la vita e la libertà, gente
che ha ben compreso che solo l'azione diretta, senza deleghe e senza
tutele, può inceppare il meccanismo.
Il governo ha risposto con violenza e arroganza. Le truppe di
Cancellieri hanno spaccato braccia e gambe, hanno gasato e caricato, si
sono scatenate nel rastrellare la gente nelle case e nei bar.
Dopo una
settimana di blocchi in Val Susa e ovunque in Italia, il governo ha
deciso di andare avanti. Costi quel che costi. La litania è
quella consueta: il collegamento con l'Europa, la piccola Italia
schiacciata dietro le Alpi, il treno che in quattro ore ti conduce a
Parigi, il Tav che porta lavoro, i manifestanti sempre violenti. Il
primo ministro rivendica la propria autonomia dai governi precedenti,
ma si limita a fare quello che gli altri non erano riusciti a
realizzare fino in fondo: gli interessi dei padroni e dei banchieri.
L'idea di sviluppo di Monti si basa sulla distruzione delle risorse e
sulla devastazione dei territori: l'unica cosa che conta è
far girare le merci, far girare i soldi, fare grandi opere utili solo
alla lobby che sostiene e finanzia un'intera classe politica.
Dalla Val Susa viene un segnale forte e chiaro: noi non ci stiamo. Non
ci stiamo più: il mondo che vogliamo per i nostri figli
è fatto di solidarietà, di cooperazione, di
uguaglianza.
Il governo ha paura, ha paura dell'infezione valsusina, ha paura che
l'anomalia No Tav divenga una mutazione genetica durevole e diffusa.
Per questo occorre disciplinare, costi quel che costi, chi oggi parla
con la voce di tutti coloro che, nel nostro paese, si battono contro
un'idea di sviluppo che mira al profitto di pochi contro la vita e la
libertà di tutti.
Un movimento radicato e insieme radicale, capace di autogovernarsi,
resistere, mantenendo salda negli anni la propria sfida.
Monti e Cancellieri puntano il dito sugli anarchici, preparano nuove
misure repressive. Si torna a parlare di fermo di polizia, di arresti
in differita, dell'inasprimento delle pene per reati come l'insulto a
pubblico ufficiale, i blocchi di strade e ferrovie, sino ad un nuovo
tipo di associazione illegale che consenta di imprigionare gli
anarchici.
Quello che Monti e il suo governo non capiscono è che gli
anarchici sono parte riconosciuta del movimento No Tav da lunghi anni,
che i tentativi di dividere e spaccare non hanno mai funzionato,
perché chi lotta e si confronta in modo diretto, giorno dopo
giorno, anno dopo anno, ha costruito saldi rapporti di fiducia e mutuo
appoggio.
Quello che Monti non comprende - o forse lo comprende sin troppo bene -
è che gli anarchici sono una minoranza, ma le idee di
libertà, partecipazione, uguaglianza, sperimentazione
sociale, la pratica dell'azione diretta, della cooperazione,
dell'autogestione si stanno diffondendo tra i tanti che hanno compreso
che questo non è il migliore dei mondi possibili.
La commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
esprime la propria solidarietà a Luca e ai suoi cari,
auspicando che possa presto tornare alla lotta.
Esprime la propria solidarietà ed il proprio appoggio ai
compagni e alle compagne arrestate per la resistenza No Tav, che, anche
in carcere, continuano a lottare per la libertà e sono
puniti con l'isolamento.
Si stringe a Tobia, rinchiuso tra le mura di casa con il divieto di
scrivere lettere e fare telefonate, Tobia che non accetta che gli
tappino la bocca ed è in sciopero della fame.
Sarà sempre più dura. Per chi sfrutta ed opprime,
per chi pesta e umilia. Tra blocchi e barricate cresce la voglia di
resistere, di cambiare di senso al presente, di consegnare un altro
futuro a chi verrà dopo di noi.
La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
cdc@federazioneanarchica.org
tel. 3333275690
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