"Noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza." (E. Malatesta)
La Cassazione ha confermato - con qualche piccolo sconto - le durissime
condanne emesse in appello nei confronti di 10 manifestanti accusati di
devastazione e saccheggio per le giornate di Genova 2001.
I poliziotti responsabili di botte e torture, pur condannati, sono
liberi: per cinque compagni e compagne si aprono le porte del carcere.
Sono trascorsi 11 anni da quel luglio.
La magistratura conferma la propria funzione disciplinare nei confronti
delle lotte politiche e sociali. La trasformazione di qualche
danneggiamento in un reato che costa dagli otto ai 15 anni di
reclusione è un'operazione di alchimia giudiziaria che, al
di là delle vite concrete che sta macinando, deve
rappresentare un monito forte per tutti coloro che lottano contro
l'ordine politico e sociale nel quale siamo tutti forzati a vivere.
In questi stessi giorni si stanno moltiplicando azioni repressive che
mettono in scena una vera torsione delle norme vigenti per poter meglio
imbrigliare i movimenti di opposizione.
Uno dei cardini di tante azioni giudiziarie è l'introduzione
della responsabilità collettiva. Il principio per cui basta
trovarsi in un certo posto per essere giudicati colpevoli di reati
gravissimi.
"Devastazione e saccheggio", un reato da tempi di guerra, applicato per
disastri epocali come quello del Vajont, è stato usato a
Genova per condannare 10 compagni e dare un avvertimento a tutti coloro
che oggi come allora si battono contro le politiche di devastazione e
predazione del territorio, contro le guerre, il militarismo, la
proprietà privata, il razzismo, lo sfruttamento.
In questi stessi giorni il principio della responsabilità
collettiva viene usato nei processi a No Tav, antirazzisti,
antimilitaristi.
Oggi capita di essere accusati di furto aggravato per aver strappato un
manifesto fascista, di veder moltiplicare inchieste per reati
associativi del tutto implausibili, ma utili per arrestare e tenere in
carcere preventivo decine di oppositori politici.
Tante onde si sono infrante nel porto di Genova. Il movimento che venne
represso nel sangue di quelle giornate di luglio, oggi viene condannato
con una sentenza che ne colpisce dieci ma investe decine di migliaia di
persone, che scesero in piazza contro la ferocia del capitalismo e
degli stati.
Chi ha vissuto quei giorni sa che la democrazia non fu tradita, ma si
tradì.
Chi è stato a Genova sa chi siano i devastatori e
saccheggiatori.
Vogliamo liberi i compagni e le compagne condannati da uno Stato che
uccide, bombarda, tortura e seppellisce con anni di galera chi non si
piega al suo ordine.
La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
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