"Noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza." (E. Malatesta)
Di
fronte a una sempre maggiore presenza di truppe italiane in Africa
non basta prendere posizione, serve rilanciare l'iniziativa
antimilitarista, lottando per il ritiro di tutte le missioni di
guerra.
Il Parlamento ha recentemente votato, con approvazione quasi
unanime di tutti i partiti, il rifinanziamento delle missioni
militari all'estero.
Tra queste la contestata missione a supporto della Guardia
costiera libica, responsabile delle stragi di migranti nel
Mediterraneo. Sono state lanciate anche due nuove missioni, una in
Somalia e una nello stretto di Hormuz, dove la tensione con Iran e
Cina è molto alta. Sono in tutto 40 missioni, di cui 17 nel
continente africano. Queste missioni sono principalmente
finalizzate a mantenere il controllo delle aree per l'estrazione e
il passaggio di risorse strategiche, nonché delle zone
chiave dei movimenti migratori. Le truppe di occupazione in Libia
così come le navi nel golfo di Guinea difendono i siti estrattivi
e le infrastrutture dell'ENI. Nel Sahel, dove la Francia è in
difficoltà in una vera situazione di guerra, lo stato italiano
manda carri armati, elicotteri e soldati con l'operazione Takuba,
mentre in Niger sta entrando in funzione una base militare
italiana.
La dimensione del militarismo italiano, pur dipendente dalla
potenza statunitense e dal quadro dell'Unione Europea, non deve
essere sottovalutata. Sia perché lo schema delle alleanze non è
più rigidamente stabile come venti anni fa, sia perché è proprio
il comparto militare-industriale l'unico settore che il governo
italiano continua a sostenere. Questo settore infatti è stato
trasformato in uno dei principali motori dell'economia nazionale.
È necessario quindi riattivare l'iniziativa contro le politiche
militariste e imperialiste dello stato italiano.
Mentre annuncia da anni il ritiro da Iraq e Afghanistan, lo Stato
italiano orienta la sua proiezione militare anche verso l'Africa,
eccitando vecchie nostalgie coloniali mai estirpate. Nuove
missioni di
guerra per la "difesa degli interessi nazionali", come ormai si
dice anche nella propaganda ufficiale e negli atti istituzionali.
Le missioni militari non sono più neanche giustificate con
l'ipocrita formula della "guerra umanitaria" o "per la
democrazia", è caduta anche la foglia di fico del diritto
internazionale che permetteva di chiamare una guerra "intervento
di pace". Il carattere neocoloniale e imperialista di queste
missioni è davanti agli occhi di tutti.
Venti anni con l'invasione dell'Afghanistan, iniziava la "guerra
al terrore". Venti anni di massacri, distruzione e oppressione per
le popolazioni locali. Pure di fronte al fallimento militare le
tasche di
pochi potenti hanno continuato a riempirsi di miliardi, mentre
anche in Italia, come negli altri paesi della coalizione, a pagare
il costo della guerra in termini di impoverimento, repressione,
militarizzazione, restrizione di libertà e diritti è stata la
classe lavoratrice, la popolazione sfruttata ed emarginata.
Perché la guerra è anche in casa nostra, con l'operazione "strade
sicure" e con i militari che intervengono contro gli scioperanti,
oppure per sedare le rivolte nelle carceri, o in Val di Susa
contro il movimento No Tav. La guerra è qui, con la
militarizzazione, le servitù militari e i poligoni. Con le
produzioni belliche, i traffici di materiale militare pericoloso
nei porti, le grandi fiere delle armi dove si vendono gli
strumenti di morte più all'avanguardia. La guerra ci tocca da
vicino con i radar, gli aeroporti, le basi militari, che
distruggono i territori in cui si trovano, avvelenando la gente
che li abita. Da qui partono le guerre. Le nostre vite sono
toccate dalla guerra, perché per foraggiare l'esercito e
l'industria degli armamenti si tagliano servizi essenziali, si
escludono milioni di persone
dall'accesso alle cure mediche, dall'accesso allo studio, dalla
possibilità di vivere in un alloggio adeguato. Nelle strade delle
città la guerra è contro la popolazione migrante e contro tutti
gli sfruttati. La guerra si vede nella propaganda nazionalista e
razzista, nel militarismo, nella struttura patriarcale, gerarchica
e classista che governa la nostra società.
È l'ora di riprendere un intervento antimilitarista complessivo e
allargato. Contro ogni guerra. Per il ritiro delle truppe italiane
dall'Africa e di tutte le missioni militari all'estero. Contro la
militarizzazione dei territori, i poligoni e le basi. Contro la
produzione e il mercato degli armamenti.
Proponiamo un'assemblea da tenersi a Milano sabato 9 ottobre
presso il Laboratorio Occupato Kasciavìt in via San Faustino 64
dalle ore 10, per lanciare una campagna antimilitarista
articolata, che sappia riunire momenti di mobilitazione nazionale
con le lotte e i movimenti attivi sui territori, le iniziative
locali del 4 novembre e l'opposizione all'Aerospace and defence
meeting di Torino a fine novembre.
28 luglio 2021
Federazione Anarchica Italiana
(Commissione di corrispondenza e Gruppo di lavoro antimilitarista)
web-fai@federazioneanarchica.org